1915 | Foto di gruppo del Btg. Bassano


STORIA DEL BTG. BASSANO

    A cura di Marco Parlato ed Alberto Biasi



LE ORIGINI

Il 4 agosto 1886, in base alle direttive di riordino dei reparti alpini, il 6° reggimento Alpini venne ricostituito e strutturato su tre battaglioni: il "Verona", il "Vicenza" e il "Bassano" con sede rispettivamente nelle tre città omonime. I tre battaglioni erano parte dell’Esercito Permanente e formati dai coscritti delle classi di leva richiamate per il servizio militare; in particolare il battaglione Bassano reclutava i giovani dei mandamenti di Fonzaso, Asolo, Bassano, Marostica e Asiago.

Il battaglione era inizialmente costituito da tre compagnie,  la 62ª, 63ª e 74ª con sede del reparto e dei magazzini nella città di Bassano.

Contrariamente a quanto si possa pensare di primo acchito, non fu il Monte Grappa la montagna sulla quale il reparto iniziò ad operare bensì l’altopiano di Asiago, fu infatti quest’ultimo il luogo al quale il battaglione legò il suo nome in maniera indissolubile fino ai giorni nostri. Già dal 1900 un plotone della 62ª fu stanziato ad Asiago e negli anni a venire la presenza degli alpini del Bassano divenne fissa quale guardia e presidio delle grandi opere difensive che si andavano ad erigere sul Verena, Punta Corbin, Campolongo, Interrotto ecc…

Sempre in quegli anni di belle speranze i giovani alpini del Bassano nei mesi estivi si esercitavano baldanzosi alla guerra con marce e manovre nella parte più a Nord dell’altopiano, disabitata e adatta ad esercitazioni militari e di tiro, prendendo così confidenza con l’ambiente che di lì a poco sarebbe diventato il teatro di uno degli eventi più tragici della storia moderna.

Gli anni passavano lenti e immutati lassù tra i monti dell’altopiano ma nelle grandi città la modernità, la scienza, la tecnica e le nuove correnti di pensiero si diffondevano a grande velocità sfiorando appena i piccoli borghi pedemontani di un Veneto ancora agricolo e arretrato. La dolce musica della Belle Époque fu però interrotta bruscamente una mattina del 28 giugno del 1914 da due spari in una strada di Sarajevo e nel giro di un mese la Vecchia Europa precipitò nel baratro della guerra. L’Italia si mantenne neutrale per il primo anno del conflitto appellandosi ad una clausola del trattato di alleanza che paradossalmente la legava al suo atavico nemico. Durante questo periodo di non belligeranza il battaglione aumentò considerevolmente i presidi alle opere corazzate e si adoperò nei lavori di costruzione di strade e opere idriche. Intanto nel Regno si cominciavano a mobilitare anche le classi che già avevano terminato il servizio di leva formando le compagnie e battaglioni di Milizia Mobile (prime 5 classi di congedati). Questi nuovi reparti andarono ad ingrossare le fila dell’esercito permanente ma anche a crearne di nuovi, nel caso degli Alpini i battaglioni “Monte …”. Fu così che al Bassano venne assegnata la 94ª compagnia della Milizia Mobile (che verrà poi ceduta nel corso del conflitto al neo-costituito battaglione alpini "Sette Comuni") portando gli effettivi a circa 800-1000 uomini. Completavano l’organico del battaglione le salmerie e due sezioni mitragliatrici con armi Maxim ’06. Le penne nere del Bassano nella primavera del 1915 si preparavano a valicare le insegne giallo/nero del confine con l’Impero Asburgico cimentandosi in una sfida con la morte che in quelle radiose giornate di maggio non riuscivano di certo a immaginare. 


L'Altipiano di Asiago ai primi del '900


1915

Il battaglione, allo scoppio delle ostilità, si trova già presso il confine ai limiti dell’altopiano in zona Ghertele-Porta Manazzo e inizia subito il movimento di avanzata portandosi a contatto della munitissima linea difensiva imperiale dei forti di Lavarone-Vezzena-Luserna.

Il Bassano è un'unità della 1ª Armata (Gen. Brusati) che presidia il fronte del saliente trentino dallo Stelvio alla Valsugana, con precisi compiti difensivi la grande unità dovrebbe attestarsi su posizioni forti di natura per proteggere il fianco del grosso dell’Esercito impegnato nelle prime spallate offensive sul Carso. Nella pratica, l’iniziale piccolo ripiegamento austriaco fa illudere i comandanti della 1ª armata che spingono gli uomini ad attaccare il nemico attestandosi, a volte, in posizioni difficilmente difendibili in caso di offensiva avversaria (ne pagheremo le conseguenze un anno dopo durante l’offensiva di primavera austriaca).

In questo contesto il Bassano è impiegato in varie azioni tese a sfondare le linee nemiche nella piana di Vezzena e sul bordo verso la Valsugana. Fin da subito, però, emerge la grande impreparazione di soldati e ufficiali nel cimentarsi in una guerra moderna, alla quale il giovane R.E.I. non è ancora preparato. Nelle trincee opposte, invece, si trova solo un velo di truppe austroungariche che però hanno alle spalle 10 mesi durissimi di guerra nelle pianure Russe dove hanno già conosciuto il filo spinato, le mitragliatrici e tutta la potenza dell’arsenale bellico dell’epoca.

Gli alpini del Bassano, nell’estate del ’15, sono protagonisti di azioni notturne, prevalentemente prive di appoggio diretto di artiglieria per sfruttare il fattore sorpresa. Gli attacchi si svolgono davanti al forte Busa Verle e si concludono tutti con perdite e un nulla di fatto.

Per rendersi conto della situazione in cui si trovavano ad operare i soldati in quei primi mesi, è eloquente una citazione del diario storico del battaglione che a fine agosto registra la costruzione, in loco, di aste in legno per barelle e la distribuzione di sole 99 bombe a mano, al lancio delle quali vengono addestrati solo 10 uomini ed un ufficiale.

Ad ottobre, visti gli insuccessi estivi e l’arrivo della cattiva stagione, il comando della 1ª Armata ordina la sospensione delle principali manovre offensive e alle truppe viene dato l’ordine di rafforzarsi sulle posizioni raggiunte. Il battaglione si dedica perciò alla costruzione di trincee, stesura di barriere di filo spinato e costruzione di baraccamenti. Gli uomini cominciano a patire gli effetti del clima che via via diventa sempre più rigido e gli indumenti invernali giungono solo a singhiozzo dalla sovrintendenza all’approvvigionamento. Gli alpini il 21 ottobre lasciano le loro linee e, passando per Marcesina e Gallio, scendono in Valsugana dove sostano a Grigno. Qui vengono distribuiti materiali e indumenti invernali mentre i giorni passano lenti e piovosi. Il 18 novembre, il Bassano riceve l’ordine di trasferimento e raggiunge il fronte “caldo” dell’alto Isonzo. La situazione cambia radicalmente e dal tranquillo fronte trentino il battaglione si ritrova a dover presidiare le trincee del Monte Čukla distaccato al Comando Truppe Rombon. Il 1915 si chiude tristemente per i soldati del Bassano aggrappati sotto alle trincee nemiche del Čukla continuamente esposti al tiro dei cecchini, alla caduta di pietre dall’alto e agli eventi atmosferici particolarmente duri in quei giorni di dicembre. Non lo immaginano ancora, ma il Čukla sarà la tomba di moltissimi di loro che di lì a pochi mesi si copriranno di gloria per espugnare quella vetta.

Forte Lavarone

Forte Vezzena dopo il bombardamento



1916

Il 1916, per le penne nere del Bassano, è l’anno del Monte Čukla (1767m), monte che sovrasta la conca di Plezzo assieme al Monte Rombon.

Giuntovi già nell’inverno del 1916, il Bassano prende posizione su linee esposte ed appena abbozzate dove è costretto a giornalieri lavori di rafforzamento disturbati in continuazione da un nemico aggressivo e determinato. Nei primi mesi dell’anno, il diario del battaglione registra un vero stillicidio di perdite dovuto proprio alle precarietà della posizione e alle offese nemiche. Il 12 febbraio, il Bassano è richiamato in tutta fretta dalle varie licenze invernali poiché la situazione è disperata: le truppe austro-ungariche, munite di tute mimetiche bianche, hanno illuso le sentinelle italiane di notte e si sono infiltrate nella linea italiana, catturando quasi tutto il presidio e minacciando le già critiche posizioni degli alpini. Il 14 febbraio è un giorno tragico per gli alpini che sono mandati alla conquista del Čukla: l’attacco fallisce e le condizioni meteo finiscono il lavoro del piombo nemico. I superstiti sono costretti a ripararsi in misere tende o all’addiaccio senza paglia e senza stufe, fra la neve. Il battaglione in questa azione conta 123 uomini fuori combattimento.

Le condizioni di salute del reparto sono critiche, ma questo non fa desistere i comandi che, dopo un breve periodo di riposo a Serpenizza, lo rispediscono sulle martoriate trincee del Čukla. E’ ormai maggio e la neve resiste solo a chiazze nella terra di nessuno. Il Bassano ed il Saluzzo, il giorno 10, si lanciano ancora all’attacco del Čukla e alle 7 di sera riescono a conquistarlo definitivamente. La vetta insanguinata costerà ancora molti altri tributi di vite umane e per tre giorni il nemico la tiene sotto un costante fuoco di artiglieria.

Cessato il fuoco nemico il 17 gli austriaci tentano un contrattacco che però è fermato dai sopravvissuti di quei terribili giorni. Il battaglione registra altri 197 uomini fuori combattimento. In totale, sul Monte Čukla, il Bassano ha pagato un contributo altissimo di vite umane: 83 morti, 386 feriti e 10 dispersi. Se si calcolano le perdite subite dal battaglione durante tutta la prima guerra mondiale, il periodo sulle Alpi Giulie è stato quello con il più alto numero di morti e feriti, non in un'unica azione, ma in molteplici operazioni e turni di linea. E’ forse poco noto, ma le perdite subite nel periodo dell’Ortigara sono minori per quanto concerne il numero di caduti rispetto a quelle del Čukla (esclusi i dispersi/prigionieri).

Altre prove attendono gli alpini del Bassano che, appena scesi dalle Alpi Giulie, vengono informati della poderosa offensiva austroungarica in corso proprio vicino alle loro case e alle loro contrade. Infatti, mentre il Bassano è impegnato negli attacchi di maggio, sugli altopiani vicentini si scatena l’Offensiva di Primavera (per gli italiani nota come Strafexpedition) e la linea della 1ª Armata italiana è pericolosamente retrocessa fin sui bordi al limite della pianura. Cadorna e il Comando Supremo riescono però ad operare un poderoso spostamento di truppe dal fronte isontino e così anche il nostro battaglione si ritrova già il 9 giugno a Bassano, da dove risale sull’Altipiano dei Sette Comuni. Gli alpini passano nel giro di pochi giorni da un inferno all’altro.

A metà giugno l’offensiva austriaca è ormai arenata e nella notte del 24 i reparti nemici si ritirano su quella che verrà definita la Winterstellung, una linea di difesa ad oltranza appoggiata su bastioni naturali di enorme vantaggio tattico. Il Bassano, inquadrato nel Gruppo Stringa, ha il compito di incalzare il nemico che si sta sganciando. Il 16 giugno, conquista Malga Magari catturandovi una batteria nemica e diversi prigionieri. I giorni seguenti conquista M. Isidoro, Cima delle Contese e il 26 giugno Cima Campanella. Ora, davanti agli occhi stanchi degli Alpini, si apre il vasto acrocoro dell’Ortigara. Prima che arrivi l’inverno, il C.T.A. (Comando Truppe Altopiano) spinge affinché vengano ripristinate le linee del 1915 rioccupando il nodo di Cima Portule. Il Bassano in questo contesto viene lanciato contro i cacciatori sloveni del 7° Feldjäger sulle balze del Monte Campigoletti subendo altre perdite e dovendosi ritirare. La spinta offensiva italiana si blocca sotto alla linea decisa dall’avversario e la neve inizia a scendere. L’inverno 1916/17 sarà uno dei più nevosi del secolo e i provati soldati sono ora impegnati a sopravvivere a quelle quote sepolti da un enorme massa di neve. In questo periodo, il battaglione si trova tra le montagne di casa, in quegli stessi posti che lo hanno visto sfilare in tempo di pace con gli alpini tutti belli affardellati e in perfetto ordine. Dalle trincee di neve gli ufficiali scrutano la gobba dell’Ortigara e già si vocifera di un operazione, chiamata in codice “K”, da svolgere appena il manto nevoso sarà sciolto. La truppa finalmente riposa nelle baracche e i più vecchi raccontano ai complementi appena arrivati degli eroici giorni del Čukla… al tramonto l’ombra dell’Ortigara cala sui visi bruciati dal sole e dalle intemperie.

             Il Monte Čukla

Rancio "all'ombra" dell'Ortigara



1917

L’inverno 1916/17 fu uno dei più nevosi della storia (definito addirittura "piccola glaciazione") e sulle linee della zona Nord dell’altopiano la neve si accumula a metri e gli alpini sono costantemente impiegati in lavori di sgombero e sistemazione dei ripari. Il Bassano dalle trincee di neve scende a riposo solamente una volta durante tutto l’inverno e quando ritorna, sostituendo il Sette Comuni, trova ancora abbondanti precipitazioni e valanghe. I fatti d’arme sono congelati come le canne dei moschetti ed entrambi gli eserciti combattono per avere disponibile cibo e legna da ardere. In questo periodo di stasi va segnalata l’azione di sorpresa compiuta da un reparto Sturmtruppen del 27° reggimento k.u.k., che il 15 marzo, nella zona del Corno della Segala, riesce a sorprendere un nucleo del Bassano catturando 21 prigionieri e mettendo fuori combattimento 4 alpini.

Con l’arrivo della primavera il battaglione scende per un periodo di riposo e riordino, trascorre il mese di aprile in pianura tra Solagna-Paderno-Asolo e Mussolente, il tempo trascorre tranquillo tra esercitazioni di tiro, istruzioni, marce e un tanto atteso bagno per la truppa.

Mentre sul fronte Trentino la situazione è relativamente calma, sull’Isonzo è in corso la 10° battaglia e le fanterie italiane ancora una volta si dissanguano sulle pietraie carsiche. Il Comando Supremo, del resto, non può non tenere conto degli impegni presi con gli alleati nella conferenza di Chantilly del novembre 1916 e, in quest'ottica di un comune impegno ad attaccare gli ancora forti eserciti centrali, Cadorna promuove un’ ennesima offensiva per l’anno 1917… l’operazione “K”.

Tale operazione prende il nome dal termine tedesco Kempel con cui gli austriaci chiamavano Cima Portule, vero obbiettivo finale dell’intera azione.

Gli alpini del Bassano il 29 maggio ritornano ancora una volta nell’ormai “loro” altopiano e si accampano a Malga Lagosin di Sotto. In questi giorni, la confusione e il trambusto sono enormi, nuove batterie giungono dalla pianura, riserve di munizioni, magazzini… tutta la zona a nord dei Sette Comuni è un brulicare di uomini intenti a prepararsi per la grande battaglia. I soldati del Bassano non sono gli unici a portare la penna, sono infatti circondati da un’intera divisione di alpini, la 52ª e sarà proprio questa unità del XX corpo d’armata che avrà l’onore e onere di conquistare le munitissime linee nemiche dell’Ortigara.

Ai primi di giugno le batterie sono in postazione e tutto è ormai pronto, il meteo non è dei migliori e ancora grandi chiazze di neve ammantano il terreno brullo davanti alle quote dell’Ortigara. Per il giorno 10 è previsto un miglioramento delle condizioni atmosferiche  e così si decide di procedere. Il Bombardamento italiano inizia con una potenza inaudita e, protratto per diverse ore, crea gravi perdite tra i difensori. La nebbia, però, tipica di quelle zone, riduce notevolmente l’efficacia dell’osservazione e così i molteplici sbarramenti di reticolato rimangono in molti punti ancora intatti.

Alle ore 15:00 il Bassano, con la 62ª e la 63ª compagnia di prima ondata, scatta dalle trincee del Campanaro, attraversa con già gravi perdite il vallone dell’Agnellizza e travolge di impeto le trincee di quota 2003. Le mitragliatrici del  XX° battaglione Feldjäger mietono vuoti spaventosi e una di queste impedisce la piena conquista  della posizione. In questi momenti servono figure speciali che, con il loro esempio e sacrificio, diano nuovo slancio all’azione: il fato ha messo lì il sergente M.A.V.M. Francesco Turra, della 62ª compagnia, che si avvicina alla feritoia della caverna, afferra la mitragliatrice con le mani e devia il fuoco quel tanto che basta affinché altri suoi compagni la mettano a tacere a colpi di bombe a mano. Un gesto eroico che però gli costerà la vita. Eliminata anche quest’ultima resistenza, il battaglione, seguito dal battaglione M. Baldo si inerpica sulla cresta che divide la q. 2003 dalla 2101, conquistando anche quest’ultima posizione.

Il Bassano rimane in linea senza mai ricevere il cambio, ormai ridotto ad un pugno di uomini e pressoché distrutto. Nonostante tutto questo, concorre il 19 giugno alla conquista di q.2105, completando l’occupazione dell’Ortigara. Seguono giorni di incertezza e patimenti, con gli alpini continuamente sottoposti al tiro nemico, con pochissimi ripari e lontani dalle basi di rifornimento.

Il 25 giugno tutto questo termina, termina anche un'azione che era già fallita al suo primo giorno e termina una mentalità di fare la guerra. Con pochi minuti di bombardamento notturno, 11 pattuglie di Sturmtruppen del II/2 Kaiserschützen riconquistano in poche ore le quote tanto contese dell’Ortigara. Il Bassano, che era in prima linea tra q.2101 e q.2105 assieme a un battaglione del 10° fanteria, due batterie da montagna e reparti del IX° bersaglieri, è completamente distrutto. La 62ª compagnia del tenente Invernizzi attendeva con i pochi superstiti l’assalto delle fanterie di fronte e invece si trovano gli assaltatori nemici alle spalle che uccidono chi non si arrende. Le perdite sono enormi e solamente un pugno di uomini riesce a salvarsi dalla morte o dalla prigionia (prigioniero è anche il comandante del battaglione A. Bombardi). Il battaglione lamenta 84 morti, 238 feriti, 382 dispersi.

Da questa ennesima prova il battaglione esce praticamente distrutto e dovrà essere ricostituito con complementi delle giovani classi di leva appena richiamate. Da luglio fino a novembre, il reparto continua a presidiare le linee ormai di casa dell’altopiano senza partecipare a particolari fatti d’armi. A fine ottobre accade l’impensabile e l’intera fronte Giulia cede all’attacco austro-tedesco ideato da Alfred Krauss. Le armate italiane sono costrette ad una precipitosa e confusa ritirata prima fino al Tagliamento e poi al Piave, la IV armata, per seguire lo sganciamento e allinearsi al resto dell’esercito, abbandona il fronte montano delle Dolomiti e si ritira fino al monte Grappa. Anche le linee dell’altopiano dei Sette Comuni devono essere arretrate per rettificare lo schieramento e così il Bassano si trasferisce allo sbarramento di Campomulo assieme alle brigate Regina e Toscana. Il Feldmaresciallo Conrad, comandante ora dell’omonimo gruppo d’esercito, lancia contro le truppe italiane in ritirata una potente offensiva con truppe d’elité (Edelweiss Division). Il Bassano si ritrova impegnato in feroci, ma bravi scontri per tentare di arginare le infiltrazioni austriache sul Sisemol e sulla Meletta di Gallio. Il 4 dicembre, assieme agli alpini del battaglione M. Berico, oppone ancora una volta un freno al dilagare delle truppe nemiche sul Badenecche e Tonderecar. Nonostante l’altissima probabilità di rimanere isolati e catturati, gli alpini del 6° riescono a trattenere l’urto avversario e sganciarsi dalla morsa nemica attraversando la Val Frenzela e attestandosi sul Cornone. 

Il Monte Ortigara

Caduti italiani sull'Ortigara


Soldati italiani scendono lungo il vallone dell'Agnellizza per attaccare l'Ortigara.

L'Ortigara dopo i combattimenti.



1918

I due anni di guerra appena trascorsi hanno segnato profondamente il battaglione: le sue compagnie, dopo gli ultimi scontri invernali della Battaglia d’Arresto, sono ridotte a pochi e stanchi soldati e, per farsi un’idea del dissanguamento del reparto dopo l’Ortigara e il novembre/dicembre del ’17,  basti pensare che, sul Monte Cornone, a fine anno 1917 il Bassano era ridotto a circa 200 uomini.

L’intera specialità alpina deve fare i conti con due anni durissimi che l’hanno vista costantemente impegnata stabilmente in linea e sempre adoperata in continue azioni offensive contro un nemico ben protetto e trincerato su posizioni predominanti. I vari gruppi alpini della 52ªdivisione nel 1918 risultano, per i motivi di cui sopra riportati, compromessi nell’organico e nel morale: sarà proprio per queste ragioni che l’ultimo anno di guerra li vedrà impiegati in misura molto minore rispetto ai precedenti.

Il Bassano inizia il quarto anno del conflitto partecipando in maniera secondaria alla “Battaglia dei Tre Monti”, dove, per la prima volta dopo Caporetto, il Regio Esercito Italiano riesce a riorganizzarsi e riprendere l’offensiva battendo l’avversario. Segue un lungo periodo in retrovia caratterizzato da una giornata di festa, il 1° marzo, quando il battaglione è invitato dalla municipalità ad una colazione nella sua città natale, Bassano.

Fino a giugno il reparto è a riposo, impegnato in esercitazioni di tiro e nel riordino necessario per colmare i vuoti subiti. In questo periodo, il battaglione inizia a prendere una forma diversa da quella del 1915. Grazie alle varie riforme introdotte nel R.E.I., le compagnie alpine si specializzano e si dotano di diverse squadre addette a specifiche specialità: dalle compagnie di 250 fucilieri del 1915, nel 1918 i battaglioni sono costituiti da 3 compagnie (2 squadre fucilieri e 2  squadre lanciatori di bombe a mano), una sezione Stokes (mortaio), una sezione lanciafiamme, un plotone misto di truppe tecniche e di un plotone di assaltatori fiamme verdi.

A completare l’assetto del battaglione, vi è poi la compagnia mitragliatrici che dal 1917 risulta autonoma e con numerazione propria, pur rimanendo alle dipendenze tattiche del reparto originario. Per il Bassano c’è la 1771ª su tre plotoni con 6 armi.

Il 15 giugno il lungo riposo del Battaglione è interrotto bruscamente dal rombo del cannone: la duplice monarchia sferra il suo ultimo disperato tentativo di chiudere vittoriosamente il conflitto con l’Italia lanciando le sue divisioni contro le nostre linee. Gli imperiali però non sfruttano tutto il potenziale bellico concentrandolo in un’unica zona del fronte, ma, a causa di dissidi interni all’A.O.K. (Armee Ober Kommando), suddividono lo sforzo in tre operazioni: Lawine al passo del Tonale con 2 divisioni, Radetzky tra l’Astico e il Brenta con maggior sforzo verso il Grappa nella regione dei Colli Alti e 3 divisioni contro i “tre monti”, Albrecht sulla linea del Piave. In totale 66 divisioni. Il Bassano, questa volta, non è inviato in altopiano, ma sul Grappa, assieme al Sette Comuni. I due battaglioni si schierano in linea arretrata sul Monte Oro senza entrare in contatto con le truppe attaccanti nemiche. La battaglia, per gli italiani, prende il nome di Battaglia del Solstizio e si chiude con una vittoria difensiva di grande importanza. Le nostre truppe hanno saputo tenere il fronte e, anche grazie alle nuove tattiche adoperate, il nemico non ha conseguito risultati degni di nota. La sconfitta per la già duramente provata Austria-Ungheria sarà fatale. Il 23 settembre, il Bassano ritorna in linea sull’altopiano e va presidiare le trincee del Valbella fino al 9 ottobre. In questo frangente, gli alpini sono sottoposti a molteplici bombardamenti con gas asfissianti che causano morti e feriti tra le sue fila. Il 23 ottobre, il reparto è trasferito a Pederobba dove compie il suo ultimo dovere di guerra attaccando, assieme a reparti francesi, le linee austriache della 6ªArmata. La battaglia di Vittorio Veneto è nel pieno del suo svolgimento e dal Grappa al mare si tenta di rompere la linea nemica. Il generale Diaz, inizialmente titubate, decide di sferrare questo attacco in modo da ottenere una chiara e tangibile vittoria tattica che vada a pesare sul tavolo delle trattative di pace prima che l’impero Asburgico imploda su se stesso. Gli austriaci in linea sono, però, tutt’altro che decisi ad arrendersi e, nonostante l’ammutinamento di diverse unità Honvéd o di nazionalità non tedesca, i reparti in trincea si battono con valore causando agli attaccanti notevoli perdite. Il Bassano in questo suo ultimo impiego offensivo paga ancora una volta un duro prezzo per conquistare le trincee al di là del Piave ed arrivare a Valdobbiadene, la 62ª compagnia nello specifico registra per quest’ultima azione 12 caduti e 68 feriti. Nel complesso, l’ultimo “balzo” del Bassano costerà 22 morti e 95 feriti. Ai primi di novembre la ritirata nemica si trasforma in rotta e il 3 novembre, a Villa Giusti, viene firmato l’armistizio che decorre dalle 24 ore successive alla firma. Per il Battaglione Alpini Bassano si chiude un lungo ciclo di vita di guerra che lo ha visto protagonista di pagine epiche della storia d’Italia. 

Ponte di barche sul Piave a Pederobba